2016-08-27

Di fronte all’insegnamento dell’esortazione apostolica Amoris laetitia – Magistero da accogliere e attuare

L’Osservatore Romano mercoledì 24 agosto 2016

Di fronte all’insegnamento dell’esortazione apostolica Amoris laetitia

Magistero da accogliere e attuare


di SALVADOR PIÉ-NINOT

In questa fase di recezione ecclesiale dell’Esortazione apostolica Amoris laetitia (19 marzo 2016) di Papa Francesco sono emersi degli interrogativi sul tipo di magistero che questo documento rappresenta. Per poterlo definire in modo teologicamente corretto, può essere utile fare riferimento all’Istruzione di certo poco conosciuta « Sulla vocazione ecclesiale del teologo » della Congregazione per la dottrina della fede, firmata nel 1990 dall’allora cardinale prefetto Joseph Ratzinger, che commenta le diverse forme del magistero della Chiesa presenti nella nuova formula della “Professione di fede”. Queste forme sono tre : il magistero infallibile, il magistero definitivo e il magistero ordinario ma non definitivo, essendo quest’ultimo quello applicabile ad Amoris laetitia come anche alla maggior parte dei testi magisteriali attuali.

Questa forma di magistero ordinario non definitivo secondo la citata Istruzione ha come obiettivo specifico quello di proporre « un insegnamento, che conduce ad una migliore comprensione della Rivelazione in materia di fede e di costumi, e direttive morali derivanti da questo insegnamento » che, « anche se non sono garantite dal carisma dell’infallibilità, non sono sprovviste dell’assistenza divina, e richiedono l’adesione dei fedeli » (n. 17), adesione definita come « un religioso ossequio della volontà e dell’intelligenza » (n. 23). Per questo si afferma che « la volontà di ossequio leale a questo insegnamento del Magistero in materia per sé non irreformabile deve essere la regola ». Per questa ragione tale forma di magistero viene descritta dall’Istruzione come « di ordine prudenziale », giacché comporta « giudizi prudenziali », anche se viene attentamente precisato che tale qualifica non significa che « non goda dell’assistenza divina nell’esercizio integrale della sua missione » (n. 24).

Va inoltre notato che il magistero ordinario ma non definitivo, proprio come le altre due forme del magistero, quello infallibile e quello definitivo, sono espressione dell’unico magistero vivo della Chiesa, che il concilio Vaticano II ha descritto con precisione come l’« ufficio [...] d’interpretare autenticamente la parola di Dio [ affidato alla Chiesa che lo esercita ] nel nome di Gesù Cristo », poiché il « magistero però non è superiore alla parola di Dio ma la serve [...] con l’assistenza dello Spirito Santo » (Dei Verbum, n. 10). Perciò, il concilio Vaticano II precisa in tal senso, con un testo che si può applicare chiaramente ad Amoris laetitia, che « questo assenso religioso della volontà e della intelligenza lo si deve in modo particolare prestare al magistero autentico del romano Pontefice, anche quando non parla ex cathedra. Ciò implica che il suo supremo magistero sia accettato con riverenza, e che con sincerità si aderisca alle sue affermazioni in conformità al pensiero e in conformità alla volontà di lui manifestatasi che si possono dedurre in particolare dal carattere dei documenti, o dall’insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalla maniera di esprimersi » (Lumen gentium, n. 25).

È dunque in questo contesto di comprensione del magistero ordinario, sebbene non definitivo, che si deve comprendere ciò che Papa Francesco stesso afferma all’inizio di Amoris laetitia sulla portata di questa Esortazione apostolica : « la complessità delle tematiche proposte ci ha mostrato la necessità di continuare ad approfondire con libertà alcune questioni dottrinali, morali, spirituali e pastorali [...]. Naturalmente, nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano. Questo succederà fino a quando lo Spirito ci farà giungere alla verità completa (cfr. Giovanni 16,13), cioè quando ci introdurrà perfettamente nel mistero di Cristo e potremo vedere tutto con il suo sguardo » (Amoris laetitia, n. 2-3). Come si può osservare, in queste parole di Papa Francesco risuonano le caratteristiche che l’Istruzione attribuisce al magistero ordinario non definitivo, quale insegnamento « di ordine prudenziale » e con « giudizi prudenziali », che inoltre « godano dell’assistenza divina e di ossequio leale » (cfr. Sulla vocazione ecclesiale del teologo, n. 24).

In questo contesto si comprende ancor più che il Papa osservi anche che « la riflessione dei pastori e dei teologi, se è fedele alla Chiesa, onesta, realistica e creativa, ci aiuterà a raggiungere una maggiore chiarezza » (Amoris laetitia, n. 2).

Questa fedeltà alla Chiesa è ampiamente espressa nei tre principi presentati da Papa Francesco, soprattutto per affrontare le situazioni dette “irregolari ”, che riprende dalla tradizione viva della Chiesa, esemplificata dai numerosi riferimenti al concilio Vaticano II, come anche dalle quattordici citazioni del teologo più importante della Chiesa, ovvero san Tommaso d’Aquino. Il primo principio è la legge della gradualità : si tratta di un principio proposto in continuità con il magistero di Giovanni Paolo II quando afferma che ogni essere umano « avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio e delle esigenze del suo amore definitivo ed assoluto nell’intera vita personale e sociale » (Familiaris consortio, n. 9) dato che l’essere umano « conosce ama e compie il bene morale secondo tappe di crescita » (n. 34). Per questo in Amoris laetitia precisa che « non è una “gradualità della legge”, ma una gradualità nell’esercizio prudenziale degli atti liberi in soggetti che non sono in condizione di comprendere, di apprezzare o di praticare pienamente le esigenze oggettive della legge » (n. 295). Per questo, alla fine indicherà, con un tocco di profondo realismo e di invito alla speranza cristiana, di « relativizzare il cammino storico che stiamo facendo come famiglie, per smettere di pretendere dalle relazioni interpersonali una perfezione, una purezza di intenzioni e una coerenza che potremo trovare solo nel Regno definitivo » (n. 325).

Il secondo principio è partire dalla coscienza : Papa Francesco fa riferimento alla coscienza in ventinove occasioni e ricorda come il concilio Vaticano II l’abbia definita « il nucleo più segreto [...] dell’uomo (Gaudium et spes, 16) » (Amoris laetitia, n. 222). A sua volta afferma con chiarezza che « siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle » (n. 37). Di fatto, « a partire dal riconoscimento del peso dei condizionamenti concreti, possiamo aggiungere che la coscienza delle persone dev’essere meglio coinvolta nella prassi della Chiesa in alcune situazioni che non realizzano oggettivamente la nostra concezione del matrimonio. Naturalmente bisogna incoraggiare la maturazione di una coscienza illuminata, formata e accompagnata [...] in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo » (n. 303).

Il terzo principio è quello della necessità del discernimento, citata trentacinque volte, facendo chiaramente eco a Ignazio di Loyola e confermata da due citazioni precise di Tommaso d’Aquino (n. 304). Il principio che viene proposto è il seguente : « Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete [...], è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi [...]. I presbiteri hanno il compito di “accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo [...]”. Si tratta di un itinerario di accompagnamento e di discernimento che orienta [ questi fedeli ] alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio. Il colloquio col sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere [...]. Questo discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa » (n. 300). Tale compito di discernimento è affidato anche a « laici che vivono dediti al Signore » (n. 312), vale a dire a laici e laiche che vivono una esperienza spirituale cristiana matura.

In questo contesto si trovano le parole più significative sulla possibilità di fare la comunione da parte dei divorziati risposati. Di fatto, « a causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa » (n. 305). Questo testo viene completato con una nota : « In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti », come il sacramento del « luogo della misericordia » : la Penitenza, come pure l’Eucaristia, tenendo presente che « non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli » (nota n. 351, in riferimento a Evangelii gaudium, nn. 44, 47).

In sintesi si può dunque affermare il valore magisteriale di Amoris laetitia come magistero ordinario, che, pur non essendo definitivo, è comunque « interpretazione autentica della Parola di Dio » (cfr. Dei Verbum, n. 10), in quanto insegnamento di « ordine prudenziale » del Successore di Pietro nella Chiesa, il Papa, che « gode dell’assistenza divina » (cfr. Sulla vocazione ecclesiale del teologo, n. 24 ; cfr. Amoris laetitia, nn. 2, 3, 295), e per questo va accolto religiosamente e con spirito leale e cordiale (cfr. Lumen gentium, n. 25). È questo l’atteggiamento fondamentale di sincero accoglimento e di attuazione pratica che questo tipo di magistero e in questo caso Amoris laetitia comporta per tutti i membri della nostra Chiesa.

Ciò include anche osservare i criteri proposti per dare risposta alle domande che si pongono oggi alla famiglia, tenendo fortemente presente che « comprendere le situazioni eccezionali non implica mai nascondere la luce dell’ideale più pieno né proporre meno di quanto Gesù offre all’essere umano » (Amoris laetitia, n. 307), dato che « la famiglia è davvero una buona notizia » (n. 1). Non si può negare che, come dice lo stesso Papa Francesco, Amoris laetitia si offre come riflessione « fedele alla Chiesa, onesta, realistica e creativa, [ che ] ci aiuterà a raggiungere una maggiore chiarezza » (n. 2). Benvenuta, e che così sia !